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Dublino, 16 giugno 1904, uno dei giorni più importanti sul calendario della letteratura mondiale. È la data scelta da James Joyce per immortalare in poco meno di ventiquattr'ore la vita di Leopold Bloom, di sua moglie Molly e di Stephen Dedalus, realizzando un'opera destinata a rivoluzionare il romanzo.
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È l'odissea quotidiana dell'uomo moderno, protagonista non di peregrinazioni mitiche e straordinarie, ma di una vita normale che però riserva - se osservata da vicino - non minori emozioni, colpi di scena, imprevisti e avventure del decennale viaggio dell'eroe omerico. Leggere l'Ulisse, scrive Alessandro Ceni nella sua Nota introduttiva, è come guardare da troppo vicino la trama di un tessuto dove le parole, che sono i nodi della trama, rivoluzionano. Trascinata da una scrittura mutevole e mimetica, da un uso delle parole che è esso stesso narrazione, la complessa partitura del romanzo procede con un impeto che scuote e disorienta. Perché un testo così concepito esige un lettore pronto a traslocarvisi armi e bagagli, ad abitarlo, a starci dentro abbandonando ogni incertezza. Solo immergendosi senza riserve nella scrittura il lettore potrà uscirne davvero, alla fine, inondato di tutta la luce che questo romanzo concentra in sé.